“Il progresso della conoscenza ha causato il regresso del pensiero”. È questo il costrutto al quale l’ultracentenario sociologo e filosofo francese Edgar Morin si ispira in un articolo su “Le Monde” con cui denuncia la corsa del mondo verso il disastro e incita, al tempo stesso, a una Resistenza all’odio, in primis della mente, respingendo “l’intimidazione di ogni menzogna affermata come verità, al contagio di ogni ebbrezza collettiva”.
La lucida analisi di Morin rileva la crisi di “una umanità che non riesce a diventare Umanità” a causa della moltiplicazione delle guerre, del riscaldamento globale e dell’ascesa di regimi autoritari, aspetti questi che caratterizzano la fine dell’epoca della modernità e introducono una nuova società le cui norme non sono ancora state scritte.
Di questo si interesserà Pensare Insieme studiando nel mese di marzo il libro di Mauro Ceruti e Francesco Belusci “Umanizzare la modernità”, un libro che Edgar Morin ha commentato “lo avrei voluto scrivere io”.
Da Le Monde del 22/01/2024
S’il est minuit dans le siècle: quando Victor Serge pubblicò il libro che porta questo titolo, nel 1939, anno del patto tedesco-sovietico e della spartizione della Polonia, era effettivamente mezzanotte e una notte irrevocabile stava per addensarsi e continuare per cinque anni.
Non è mezzanotte nel nostro secolo? Sono in corso due guerre. Quello dell’Ucraina ha già mobilitato aiuti economici e militari da parte del mondo, con una radicalizzazione e il rischio di allargare il conflitto. La Russia non è riuscita ad annettere l’Ucraina, ma essa rimane nelle regioni di lingua russa precedentemente separatiste. Il blocco l’ha in parte indebolita, ma ha anche stimolato il suo sviluppo scientifico e tecnico, soprattutto in campo militare. Questa guerra sta già avendo conseguenze considerevoli: il potere variamente avanzato del Sud rispetto all’Occidente e l’inasprimento del blocco Russia-Cina.
Un nuovo focolaio di guerra è scoppiato in Medio Oriente dopo il massacro commesso da Hamas il 7 ottobre 2023, seguito dai bombardamenti mortali di Israele su Gaza. Queste carneficine, accompagnate dalle persecuzioni in Cisgiordania e dalle dichiarazioni annessioniste, hanno risvegliato la dormiente questione palestinese. Hanno mostrato l’urgenza, la necessità e l’impossibilità della decolonizzazione di ciò che resta della Palestina araba e della creazione di uno Stato palestinese.
Poiché non viene, né sarà, esercitata alcuna pressione su Israele affinché raggiunga una soluzione a due paesi, possiamo solo prevedere un aggravamento, o addirittura un ampliamento, di questo terribile conflitto. È una tragica lezione della storia: i discendenti di un popolo perseguitato per secoli dall’Occidente cristiano, allora razzista, possono diventare allo stesso tempo i persecutori e il bastione avanzato dell’Occidente nel mondo arabo.
IL PENSIERO È DIVENTATO CIECO
Queste guerre aggravano la concomitanza delle crisi che colpiscono le nazioni, alimentate dal virulento antagonismo tra tre imperi: Stati Uniti, Russia e Cina. Le crisi si alimentano a vicenda in una sorta di policrisi ecologica, economica, politica, sociale e di civiltà che si amplificherà.
Il degrado ecologico colpisce le società umane attraverso l’inquinamento urbano e rurale, aggravato dall’agricoltura industriale. L’egemonia del profitto incontrollato (causa principale della crisi ecologica) aumenta le disuguaglianze in ogni nazione e in tutto il pianeta. Le qualità della nostra civiltà si sono deteriorate e le sue carenze sono aumentate, in particolare nello sviluppo dell’egoismo e nella scomparsa della solidarietà tradizionale.
La democrazia è in crisi in tutti i continenti: viene sempre più sostituita da regimi autoritari che, disponendo di mezzi di controllo informatico sulle popolazioni e sugli individui, tendono a formare società di sottomissione che potremmo definire neototalitarie. La globalizzazione non ha creato alcuna solidarietà e le Nazioni Unite sono sempre più disunite.
Questa situazione paradossale fa parte di un paradosso globale specifico dell’umanità. Il progresso tecnico scientifico, che si sviluppa prodigiosamente in tutti i campi, è la causa delle peggiori regressioni del nostro secolo. Fu lui a permettere l’organizzazione scientifica del campo di sterminio di Auschwitz; è lui che ha permesso la progettazione e la fabbricazione delle armi più distruttive, fino alla prima bomba atomica; è lui che rende le guerre sempre più mortali; è lui che, spinto dalla sete di profitto, ha creato la crisi ecologica del pianeta.
Notiamo – cosa difficile da concepire – che il progresso della conoscenza, moltiplicandola e separandola da barriere disciplinari, ha provocato una regressione del pensiero, divenuto cieco. Legato al dominio del calcolo in un mondo sempre più tecnocratico, il progresso della conoscenza è incapace di concepire la complessità della realtà e in particolare delle realtà umane. Il che porta a un ritorno del dogmatismo e del fanatismo, nonché a una crisi della moralità nell’ondata di odio e idolatria.
L’ASSENZA DI SPERANZA
Stiamo andando verso probabili catastrofi. Questo è catastrofico? Questa parola esorcizza il male e dona una serenità illusoria. La policrisi che stiamo vivendo in tutto il pianeta è una crisi antropologica: è la crisi dell’umanità che non riesce a diventare Umanità.
C’è stato un tempo – non molto tempo fa – in cui potevamo prendere in considerazione un cambio di direzione. Sembra che sia troppo tardi. Naturalmente può succedere l’improbabile e soprattutto l’imprevisto. Non sappiamo se la situazione globale sia solo senza speranza o davvero disperata. Ciò significa che dobbiamo, con o senza speranza, con o senza disperazione, passare alla Resistenza. La parola evoca irresistibilmente la resistenza degli anni dell’occupazione (1940-1945), i cui inizi, molto modesti, furono resi difficili dall’assenza di prevedibili speranze dopo la sconfitta del 1940.
La mancanza di speranza prevedibile è simile oggi, ma le condizioni sono diverse. Attualmente non siamo sotto l’occupazione militare nemica: siamo dominati da formidabili poteri politici ed economici e minacciati dall’instaurazione di una società di sottomissione. Siamo condannati a sopportare la lotta tra due giganti imperialisti e la possibile irruzione bellicosa del terzo. Siamo trascinati in una corsa verso il disastro.
FRATELLANZA, VITA E AMORE
La prima e fondamentale resistenza è quella della mente. Occorre resistere all’intimidazione di ogni menzogna affermata come verità, al contagio di ogni ebbrezza collettiva. Richiede di non cedere mai all’illusione della responsabilità collettiva di un popolo o di un gruppo etnico. Occorre resistere all’odio e al disprezzo. Prescrive la preoccupazione di comprendere la complessità dei problemi e dei fenomeni anziché cedere a una visione parziale o unilaterale. Richiede ricerca, verifica delle informazioni e accettazione delle incertezze.
La resistenza comporterebbe anche la salvaguardia o la creazione di oasi di comunità dotate di relativa autonomia (agroecologica) e di reti di economia sociale e solidale. La resistenza richiederebbe anche il coordinamento delle associazioni dedite alla solidarietà e al rifiuto dell’odio. La resistenza preparerebbe le generazioni più giovani a pensare e ad agire per le forze di unione di fraternità, vita e amore che possiamo concepire sotto il nome di Eros, contro le forze di dislocazione, disintegrazione, conflitto e morte che possiamo concepire sotto il nome di Polemos. e Thanatos.
È l’unione, nel nostro essere, dei poteri di Eros e di quelli della mente risvegliata e responsabile che alimenterà la nostra resistenza alla schiavitù, alle ignominie e alla menzogna. I tunnel non sono infiniti, il probabile non è certo, l’inaspettato è sempre possibile.
L’articolo originale a questo link ripreso dal sito Médias Citoyens Diois
Sociologo dell’innovazione, Segretario Generale di Pensare Insieme