
“Vi dico la verità: non conosco nessuna persona senziente che sia minimamente interessata al destino della piattaforma Rousseau”. Esordisce così Marco Travaglio nella trasmissione Otto e Mezzo del 6 maggio.
Permetteteci di presentarci: siamo alcune delle persone senzienti interessate al destino di Rousseau, piattaforma digitale del MoVimento 5 Stelle. Ad oggi, gli iscritti al M5S che possono utilizzarne gli strumenti sono quasi duecentomila. Noi siamo tra quelli.
Forse anche per nostra colpa, spesso si parla di questa piattaforma senza conoscerne la consistenza. Cos’è innanzitutto una piattaforma digitale? E’ un’infrastruttura in grado di connettere tra loro sistemi diversi ed esporli agli utenti attraverso interfacce integrate. In particolare, una piattaforma politica come la Rousseau non è soltanto un service tecnologico dedicato alla raccolta dei voti online, bensì un “ecosistema” che nel tempo è in grado di evolversi e modellarsi assecondando le esigenze dei suoi utenti/cittadini.
“La tecnologia non è neutra”, ammoniva Giuseppe Conte nel suo discorso di presentazione all’Assemblea dei 5Stelle. Infatti Rousseau fornisce un’infrastruttura informatica all’avanguardia facendosi garante di quella neutralità necessaria per rendere possibile la libera espressione politica del MoVimento 5 Stelle; fornisce programmi e applicazioni per la creazione di contenuti politici, civici e sociali esplicitamente orientati alla democrazia digitale, con l’ambizione di sperimentare gradualmente la democrazia diretta in tutti gli ambiti nei quali le nuove tecnologie la rendono possibile.
Nel governo Conte I era stato perfino creato un apposito “Ministero per i rapporti col Parlamento e la Democrazia Diretta”. Come mai nel Conte II le competenze di questo Ministero sono state dimezzate? Una spiegazione c’è. Come scrive Salvatore Cannavò nel suo bel libro Da Rousseau alla piattaforma Rousseau, “La democrazia diretta è quell’ignoto che fa paura ai potenti”.
Ma allora è la democrazia rappresentativa in crisi a dichiarare guerra alla democrazia diretta? Sembrerebbe proprio di sì. O, per lo meno, sembrerebbe che il problema, reso attualissimo dalle nuove opportunità offerte dal progresso tecnologico, sia inspiegabilmente trascurato.
Possibile che nel Duemila la raccolta di consenso e la condivisione di conoscenze socio-politiche debba avvenire ancora come nell’epoca di Gutenberg? Possibile che si debbano demonizzare gli unici sforzi fatti in Italia per sperimentare forme progressive di democrazia diretta?
Un recente rapporto del Solonian Democracy Institute evidenzia come Rousseau rappresenti una delle migliori piattaforme mondiali in grado di fornire un percorso costruttivo per la governance digitale di massa e per dare man mano un potere più ampio ai cittadini.
E, come cittadini, stiamo sperimentando in prima linea che Rousseau è un potentissimo strumento di conoscenza, coscienza civica e democrazia partecipata, alimentata da sostegno reciproco e passione. Svilire o sostituire ex-novo questo strumento, azzerando con un solo clic la sua storia decennale, potrebbe minare alle fondamenta il MoVimento 5 Stelle e le sue trasformazioni future.
Chi di noi non dovesse più disporre di questo strumento tecnologico e di questo paradigma concettuale per avanzare sulla via della democrazia diretta, forse smetterà di credere nell’utilità del proprio voto.
Ma vi è un rischio ancora più grave nel voler cancellare la storica Rousseau. Come sostiene Luciano Floridi nel suo acuto libro La quarta evoluzione, “la memoria non è soltanto una questione di immagazzinamento e di gestione efficiente, è anche questione di attenta cura per le differenze significative e, quindi, di stabilire sedimentazione di una serie ordinata di cambiamenti”. In un pericoloso processo di amnesia digitale, “il rischio è che le differenze siano cancellate, le alternative amalgamate, il passato costantemente riscritto e la storia ridotta a un perenne qui e ora”.
Per questo dobbiamo conservare scrupolosamente il patrimonio digitale che il fondatore Gianroberto Casaleggio ha costruito in modo così lungimirante.
Poiché la piattaforma Rousseau appare come il più significativo laboratorio di avanguardia politica italiana del nuovo millennio, doversene privare equivarrebbe per noi a una scelta regressiva, anacronistica, di retroguardia. Una scelta controtempo.
